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Foto di Enrique da Pixabay

Tradizionalmente, la memoria è stata considerata una funzione esclusiva del cervello, ma un nuovo studio pubblicato su Nature Communications sfida questa idea. Gli scienziati hanno dimostrato che cellule non cerebrali, come quelle del tessuto renale e nervoso, possono apprendere e creare ricordi, suggerendo che la memoria potrebbe essere una proprietà fondamentale di molte cellule del corpo umano.

 

Come le cellule non cerebrali apprendono

I ricercatori della New York University, guidati da Nikolay V. Kukushkin, hanno simulato processi di apprendimento nelle cellule non cerebrali. Utilizzando segnali chimici che imitano i neurotrasmettitori cerebrali, hanno osservato come queste cellule attivassero un “gene della memoria” – lo stesso gene che i neuroni utilizzano per formare ricordi.

Un elemento chiave della ricerca è stato lo studio dell’effetto spaziatura massiccia, un principio consolidato in cui l’apprendimento è più efficace quando avviene a intervalli distanziati, piuttosto che in un’unica sessione intensa. Le cellule non cerebrali si sono dimostrate capaci di registrare e rispondere a questi intervalli, attivando il gene della memoria in modo più forte e duraturo rispetto a segnali continui.

Memoria e salute: implicazioni future

Questa scoperta non solo offre nuove prospettive sul funzionamento della memoria, ma potrebbe rivoluzionare il modo in cui trattiamo problemi legati all’apprendimento e alla memoria. Ad esempio:

– Trattamenti medici personalizzati: Gli scienziati ipotizzano che organi come il pancreas possano “ricordare” schemi alimentari, aiutando a regolare meglio i livelli di glucosio nel sangue.
Terapie oncologiche: Considerare cosa “ricordano” le cellule tumorali degli schemi di chemioterapia potrebbe migliorare l’efficacia dei trattamenti.

Verso una nuova visione del corpo umano

La ricerca apre la strada a un approccio più integrato nella comprensione del corpo umano. “Dobbiamo iniziare a trattare i nostri corpi più come il nostro cervello“, suggerisce Kukushkin. Questo potrebbe significare riconsiderare come i processi cellulari, oltre il sistema nervoso, influenzano salute e benessere.

In definitiva, il riconoscimento che la memoria non è esclusiva del cervello amplia i confini della biologia e ci invita a esplorare nuove connessioni tra mente e corpo.