I labridi pulitori (Labroides dimidiatus), pesci della barriera corallina, hanno dimostrato di possedere un livello di intelligenza sorprendente, paragonabile ad alcuni comportamenti umani. Uno studio recente ha rivelato che questi pesci utilizzano uno specchio per valutare le proprie dimensioni corporee prima di decidere se ingaggiare un combattimento con altri pesci.
Cinque anni fa, i ricercatori hanno scoperto che il labro pulitore è in grado di riconoscersi allo specchio, superando così il “test dello specchio”, un metodo comunemente utilizzato per misurare la consapevolezza di sé negli animali. Ma lo studio pubblicato questa settimana su Scientific Reports ha svelato qualcosa di ancora più sorprendente: i labridi utilizzano lo specchio come strumento decisionale.
In esperimenti condotti all’Università Metropolitana di Osaka, i ricercatori hanno esposto i pesci a immagini di rivali più grandi o più piccoli. Quando i pesci vedevano solo l’immagine, attaccavano i loro avversari indipendentemente dalle dimensioni. Tuttavia, quando veniva introdotto uno specchio, i labridi diventavano più cauti e decidevano di confrontarsi solo con avversari più piccoli.
Questo comportamento dimostra che i pesci confrontano il proprio riflesso con l’immagine del rivale, utilizzando una rappresentazione mentale delle loro dimensioni. L’acquario era diviso in modo tale che i pesci non potessero vedere contemporaneamente il riflesso e la fotografia del rivale, il che ha portato i ricercatori a concludere che i labridi stessero effettivamente creando un’immagine mentale di sé stessi.
Secondo Taiga Kobayashi, capo della ricerca, questa capacità decisionale è sorprendente, dato che i pesci si sono evoluti in un ambiente naturale privo di specchi. Questa scoperta solleva domande su come i pesci abbiano sviluppato l’abilità di utilizzare uno specchio, suggerendo che potrebbero essere più intelligenti di quanto si pensasse.
Guardarsi allo specchio prima di attaccare un avversario potrebbe essere una strategia vincente anche per gli esseri umani, ma la domanda rimane: quante persone lo fanno davvero?