
L’amore nel Medioevo era un concetto complesso e sfaccettato, spesso accostato a due visioni contrastanti: da un lato, un sentimento puro e spirituale, espressione della carità cristiana; dall’altro, una passione travolgente e pericolosa, capace di sconvolgere la mente e il corpo fino a condurre alla “malattia d’amore”.
L’amore come malattia
L’idea dell’amore come malattia era radicata nella teoria umorale, secondo la quale la salute dipendeva dall’equilibrio di quattro fluidi: sangue, flegma, bile nera e bile gialla. Un eccesso di bile nera, associato alla malinconia, poteva causare sintomi come insonnia, perdita di appetito, tristezza e ossessione per la persona amata.
Questa visione era sostenuta da medici e filosofi dell’epoca, tra cui Costantino l’Africano, Bernardo de Gordonio e Arnau de Vilanova. Nel loro trattato, l’amore veniva curato con una dieta specifica e pratiche ascetiche volte a domare le passioni carnali.
L’amore nella letteratura
Il tema dell’amore come malattia permea la letteratura medievale, offrendo spunti per storie appassionanti e personaggi tormentati. Pensiamo a Garcilaso de la Vega, ai protagonisti del Libro de Buen Amor e del Corbacho, a Tirant lo Blanch e a Don Chisciotte, tutti vittime di un amore folle e distruttivo.
Oltre la malattia: l’amore cortese
Accanto a questa visione negativa, nell’ideale cortese l’amore assumeva connotazioni più nobili. Si trattava di un sentimento puro e spirituale, rivolto a una dama idealizzata, spesso irraggiungibile. Il cavaliere era dedito al servizio amoroso, compiendo imprese valorose per conquistare il favore della sua amata.
L’amore nel Medioevo era un sentimento complesso e contraddittorio, oscillante tra malattia e passione, tra tormento e ideale. Questa duplice natura ha ispirato opere letterarie immortali e ci permette di comprendere meglio la mentalità e le sfide di quell’epoca.
L’amore, in tutte le sue sfaccettature, rimane un tema universale e affascinante, capace di trascendere il tempo e le culture.
Foto di Krisztina Papp su Unsplash