Il meteorite che ha illuminato i cieli di Rio Grande Valley in Texas il 15 febbraio, tra le 17:25 e le 17:28 ora locale, è atterrato nella contea rurale di Starr. I frammenti della roccia spaziale sono stati ritrovati da un membro dell’American Meteor Society e ora affascinano i ricercatori locali e non solo.
Il meteorite del 15 febbraio è atterrato in Texas
Anche il Johnson Space Center della NASA ha confermato l’evento del 15 febbraio scorso, affermando che la roccia celeste aveva un diametro di 0,6 metri e pesava 454 chilogrammi al momento del suo ingresso nell’atmosfera. Secondo i calcoli degli scienziati, il meteorite è esploso sopra il Texas con la forza di 8 tonnellate di tritolo.
Il corpo celeste viaggiava a 43.452 km/h quando ha colpito l’atmosfera terrestre individuata in Texas ed era di dimensioni tali da permettere ad alcuni frammenti di raggiungere la superficie del nostro Pianeta, in tutto il Texas.
Il ritrovamento del primo frammento
Il primo frammento è stato ritrovato vicino a El Sauz, dal ricercatore di scienze planetarie e cacciatore di meteoriti Robert Ward dell’American Meteor Society. Come ricorda anche la stessa società statunitense, questo è il terzo meteorite in pochissimo tempo. Tre diversi meteoriti sono infatti atterrati sulla Terra in soli tre giorni. Il primo è atterrato in Francia il 13 febbraio, il secondo in Italia il 14 febbraio e l’ultimo è questo caduto il 15 febbraio in Texas.
L’ultima volta che un meteorite di Rio Grande Valley ha attirato l’attenzione del pubblico è stato nel 1956, quando il meteorite di La Villa è stato scoperto da un contadino che arava il suo campo. Juan Gonzalez, professore di geologia dell’Università del Texas nella Valle del Rio Grande ed il suo collega, Eloi Camprubi, astrobiologo e professore di biologia e chimica dell’UTRGV, hanno dichiarato di voler esaminare la composizione del frammento di meteorite.
Come ha infatti affermato Camprubi, ora “dobbiamo quindi analizzare le proprietà chimiche della roccia, e fondamentalmente la cosa più importante è datarle“. “Dobbiamo tagliare il pezzo ed esporre una nuova superficie”, ha aggiunto Gonzalez. Camprubi spiega infatti che solo così “possiamo osservare la struttura interna della roccia” spaziale.
Studiare e datare il meteorite sarà il prossimo passo
I meteoriti contengono infatti spesso al loro interno le condrule, sferule di minerali mafici con grani di piccole dimensioni, indicativi di un rapido raffreddamento. Da queste sferule i meteoriti prendono il nome di condriti e tramite di esse è possibile datare il meteorite. Le condriti hanno in genere un’età di 4,6 miliardi di anni (quindi risalenti alla formazione del Sistema Solare). Come esattamente si formino è un argomento tuttora fortemente dibattuto tra gli scienziati.
Camprubi spiega dunque che “se datiamo queste condrule, e si dimostrano essere vecchie quanto il Sistema Solare, allora saremo certi che è un meteorite poiché non c’è roccia sulla Terra che sia così antica”.