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Ormai abbiamo tutti familiarità su cosa sia il coronavirus, le varianti dello stesso e del Covid-19. Nel corso della pandemia c’è stata una successione continua delle suddette. Ogni volta che se ne presentavano delle nuove, almeno una finiva per risultare dominante e così col tempo molte di questo non hanno più voluto dire nulla per tutti. Una nuova ricerca però ci dimostra che c’è dietro molto altro.

Una persona malata di Covid-19 è per forza di cose venuta in contatto con il coronavirus. Ogni tanto si è parlato molto di rari casi di persone con più ceppi di infezione nel corpo i quali aumentavano il rischio della creazione di nuove mutazioni pericolose. In realtà, eventi del genere sono comuni tanto che ognuno di noi potrebbe essere stato il protagonista di una tale convivenza.

 

Covid-19: più varianti nell’organismo

Gli ammalati di Covid-19 potrebbero avere diverse varianti di SARS-CoV-2 nell’organismo che si nascondono dal sistema immunitario. Questo permette al virus stesso di “fare spazio” a nuove infezioni con altri ceppi. La capacità di nascondersi nasce dal legame con un acido grasso che porta a un cambiamento della proteina spike in un’altra forma.

Le parole dell’autore principale dello studio, il Dr. Oskar Staufer del Max Planck Institute di Heidelberg: “Con il legame della proteina spike agli acidi grassi infiammatori, il virus diventa meno visibile al sistema immunitario. Questo potrebbe essere un meccanismo per evitare il rilevamento da parte dell’ospite e una forte risposta immunitaria per un periodo di tempo più lungo e aumentare l’efficienza totale dell’infezione. È interessante notare che la stessa caratteristica ci offre anche un’opportunità unica per sconfiggere il virus, proprio perché è così conservato, con una molecola antivirale su misura che blocca la tasca”