
Gli ultimi balzi in avanti del Bitcoin verso un altro massimo storico ha calamitato l’attenzione dei più. Ma c’è da ammettere anche che la sua vertiginosa ascesa, dall’anno scorso, ha riacceso le preoccupazioni che aleggiano spesso attorno a questa criptovaluta. Negli Stati Uniti, l’amministrazione del presidente Joe Biden ha espresso preoccupazione per il ruolo di Bitcoin nel riciclaggio di denaro, la potenziale ricaduta della speculazione finanziaria e l’impatto ambientale.
In Cina, dove viene estratta più della metà dei nuovi Bitcoin, le enormi quantità di energia necessarie per farlo sono in contrasto con gli obiettivi climatici di Pechino, provocando un giro di vite da parte delle autorità. A differenza delle valute legali (come dollari USA, Euro o Yen), il Bitcoin non è controllato da un governo o da una banca centrale, né richiede un intermediario per verificare le transazioni. In base alla progettazione, è decentralizzato.
Invece di una banca, le transazioni effettuate con Bitcoin vengono verificate da una rete globale e decentralizzata di computer (aka piattaforme minerarie) che corrono per verificare blocchi di transazioni da aggiungere alla blockchain dei Bitcoin, una sorta di registro pubblico. Le piattaforme minerarie sono composte da computer molto potenti, a volte migliaia, che lavorano all’unisono per risolvere complessi problemi di matematica. Ciò richiede molta energia.
Ed è ormai noto come, sul web, siano diverse le piattaforme cui ci si può affidare per investire piccole o grosse cifre di questa valuta virtuale. Ne nominiamo una su tutte, fra le quali scegliere qualora si volesse intraprendere questa esperienza: Bitcoin Equaliser.
Scambi di punti di vista
I sostenitori dei Bitcoin affermano come questo sia mantenuto ad uno standard improprio, aggiungendo che i vasti sistemi finanziari che sottostanno alle valute legali consumano molte più risorse delle criptovalute. Ma ciò non ha impedito ad alcuni governi di agire per contenere l’impronta di carbonio dei Bitcoin.
Nell’ambito dell’accordo di Parigi del 2015 per arginare il riscaldamento globale, la Cina mira a diventare neutrale in termini di emissioni di carbonio entro il 2060 e raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030, obiettivi che si scontrano sempre più con il Bitcoin. La Cina, inoltre, rappresenta circa il 65% del mining globale di Bitcoin. In confronto, gli Stati Uniti nel loro insieme producono ed elaborano solo circa il 7% del Bitcoin globale.
Nel frattempo, i minatori cinesi di Bitcoin hanno cercato costi energetici e oneri normativi inferiori, spostandosi ancora più lontano in luoghi come Russia, Kazakistan, Malesia e Iran, ovvero i più grandi Paesi minerari di Bitcoin dopo Cina e Stati Uniti.