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L’evoluzione dei piedi e delle mani degli antichi ominidi riflette uno spostamento evolutivo verso capacità manipolative potenziate e il bipedismo obbligato, rispettivamente.
Mani parziali, piedi parziali e utensili in pietra sono qui raffigurati e integrati con riferimento a campioni più frammentari che conservano anatomie funzionalmente rilevanti. Barre grigie, bipedismo facoltativo; barre nere, bipedismo obbligato; barra rossa, tempistica approssimativa dell’ipotizzato cambiamento evolutivo degli ominidi. Gli asterischi indicano che il fossile è stato rispecchiato. BAR 349’00, falange prossimale manuale giovanile curva di Orrorin tugenensis; BAR 1901’01, falange pollicale distale di O. tugenensis con inserzione estrinseca dei flessori; OH 8, piede attribuito a Homo habilis; KNM-WT 51260, MC3 con processo stiloideo che probabilmente rappresenta l’Homo erectus; UW 101 (piede 1), piede parziale di H. naledi. Ph. Credit: Thomas C. Prang, Kristen Ramirez, Mark Grabowski, Scott A. WilliamsPiù di 1 milione di anni prima che il primo ominide, noto come Lucy, popolasse la regione di Afar dell’Etiopia, vi era già un altro ominide che viveva più o meno nella stessa area, Ardipithecus ramidus. Ed è proprio la mano fossilizzata di questo antico ominide che potrebbe svelare importanti informazioni sulla nostra evoluzione.

 

La mano di un antico ominide a confronto con quelle di altre specie, viventi ed estinte

Un team di antropologi ha infatti esaminato la mano fossilizzata di 4,4 milioni di anni fa dell’antico ominide, a cui è stato dato il soprannome di Ardi. Dalle analisi comparative tra la mano di questo antico ominide e altre specie di ominidi e di primati, è emerso che gli spostamenti degli antenati umani potrebbero aver comportato più oscillazioni tra gli alberi di quanto si pensasse in precedenza.

L’analisi comparativa del team si è concentrata sulla morfologia della mano di Ardi confrontata con quella dei parenti estinti ed esistenti. Questo confronto con ossa provenienti da altre parti del nostro albero genealogico dei tratti della mano di Ardi, può indicare in quale momento si siano presentati gli adattamenti specifici attualmente osservati in diversi primati.

In particolare, i ricercatori volevano scoprire come si muoveva Ardi. Questo aspetto infatti potrebbe essere molto importante per comprendere come gli Homo sapiens, quali noi siamo, siano diventati dei primati terrestri e bipedi.

 

Alla ricerca dell’antenato comune tra essere umano e scimpanzé

La ricerca è stata guidata da Thomas Cody Prang, un antropobiologo della Texas A&M University. Prang ha notato che alcuni tratti chiave della mano di Ardi indicavano quali ne potrebbero essere stati i movimenti. Ad esempio le falangi della mano di questo ominide, risultano essere troppo lunghe rispetto alla sua dimensione corporea stimata. Così come le ossa del tubo a T si curvano eccessivamente verso l’interno, suggerendo la sua predisposizione nell’afferrare. Questo mostrerebbe dunque una forte somiglianza con gli scimpanzé.

Prang ritiene che “il fatto che l’Ardipithecus si sovrapponga in lunghezza e curvatura alle dita con i primati più sospensivi implica fortemente che l’Ardipithecus sia stato adattato alla sospensione. Ora, questo non significa che, gli umani si siano evoluti da un antenato che assomigliava esattamente a uno scimpanzé. Non significa che gli scimpanzé siano dei fossili viventi o che gli scimpanzé stessi non si siano evoluti. Invece, questo studio mostra che l’Ardipithecus e, probabilmente, i primi umani fossili conservano le caratteristiche di un antenato più simile glia scimpanzé che a qualsiasi altro primate vivente”.

 

I dubbi sulla ricerca e la scarsità di prove fossili

L’Ardipithecus ramidus fu trovato e descritto per la prima volta all’inizio degli anni ’90, da un team guidato dal paleoantropologo Tim White, il quale non è completamente d’accordo con le conclusioni dell’articolo di Prang.

Il team di White sosteneva che Ardi non presentasse caratteristiche che indicherebbero comportamenti e movimenti da scimmia come oscillare tra gli alberi, arrampicarsi e camminare sulle nocche. Il team di White ipotizzò che l’ultimo antenato comune tra umani e scimpanzé fosse probabilmente abbastanza diverso da qualsiasi scimmia esistente.

Mentre la ricerca di Prang sostiene esattamente il contrario, affermando appunto che questo antenato comune, predecessore di Ardi, sia più vicino agli scimpanzé di qualsiasi altra cosa. Prang sostiene infatti che mani più simili a quelle umane, non siano comparse prima dell’Australopithecus afarensis, ovvero la specie di Lucy.

Purtroppo la scarsità della documentazione fossile non ci permette di risolvere facilmente il mistero. Ma Prang sostiene che le interpretazioni della mano di Ardi sono utili per restringere il campo di quelle che potrebbero essere state le circostanze della sua evoluzione.

Prang ha infatti affermato che il suo lavoro “mostra il fatto che nella scienza non si dimostra soltanto che qualcosa è vero. Stiamo infatti soltanto scartando ipotesi e alternative che potrebbero essere false. In questo caso, l’ipotesi che gli esseri umani si siano evoluti da un antenato privo di caratteristiche sospensive e da un antenato più simile a una scimmia, penso possa essere scartata sulla base di Ardipithecus.”

Ph. Credit: Thomas C. Prang, Kristen Ramirez, Mark Grabowski, Scott A. Williams