
La scorsa primavera, sotto i riflettori c’erano le sigarette, che alcuni hanno considerato un potenziale baluardo contro l’infezione da Covid-19. Se questo non è stato ancora dimostrato, vengono ora avanzate nuove teorie. L’ultima riguarda il vino: un nuovo studio confermerebbe che il vino protegge dal Covid-19. Il condizionale è d’obbligo. Tant’è che consumare vino oggi non può in alcun modo essere considerato una tutela efficace.
Affermazioni fuorvianti
Insomma, come ogni cosa è bene stare attenti e non credere proprio a tutte le affermazioni che, in alcuni casi, possono essere fuorvianti.
Innanzitutto, occorre chiarire che studi come questo sono stati condotti ‘in vitro’ e sappiamo che il passaggio ‘in vivo’ spesso mostra significative differenze. Per questo motivo, non dobbiamo iniziare a bere quantità esagerate di vino, convincendoci che non prenderemo il Covid-19. Non è questo il significato dello studio.
Le condizioni sperimentali di questo studio come di altri fanno riferimento agli acidi (compresi i tannini) presenti nel vino, che rappresentano dai tre ai nove grammi del suo contenuto in un litro contro 80 grammi di alcol in media. Quindi, è possibile estrapolare i risultati di un trattamento su colture cellulari con una molecola isolata, a un dosaggio ben preciso e il consumo di una bevanda complessa in un essere umano? La risposta è ovviamente no.
Inoltre, la struttura di un alimento è complessa e interagisce con una pletora di altre molecole. Le dosi non hanno assolutamente nulla a che fare con quelle degli esperimenti in vitro così come le modalità. Il vino non può in alcun modo essere considerato un baluardo contro il virus.
In sintesi, è quindi abusivo interpretare i risultati di questo studio come prova dell’efficacia del vino nella prevenzione del virus. I test in vitro sull’acido tannico non sono assolutamente trasponibili al consumo di un bicchiere di vino rosso.