“Come tutti ho le mie passioni.“
In questo modo ci scrive Gustavo Vitali per parlarci di qualcosa che sente suo. “Il volo in parapendio è l’ultima in ordine di tempo, ma ovviamente non è stata questa che mi ha spinto a scrivere “Il Signore di Notte”, un giallo ambientato nella Venezia dei dogi.”
Un libro che di cui ha voluto parlarci lui stesso, narrandoci in modo semplice e intimo la genesi di un romanzo che lui stesso definisce “passione”.
“Lo è stata, invece, la passione per la storia in generale e per quella dell’antica Serenissima in particolare, congiunta al vizio di non saper trattenere i ditini dalla tastiera. Sì, perché per scrivere ho sempre scritto, prima con la stilografica, poi con la Olivetti “lettera 32” e infine con il pc. E poi libri di storia, mai un romanzo, mai un libro di poesie, mai una storia d’amore. Ho ingozzato a scuola I Promessi Sposi e I Miserabili (in francese!); mi hanno obbligato a mandare a memoria qualche cantico della Divina Commedia, ma non ce l’hanno fatta con L’Orlando Furioso. Da grande ci ho provato con Addio alle Armi, ma ho resistito solo fino a metà del libro. Poi storia e ancora storia con qualche rara disgressione verso la letteratura gialla.
Ecco perché “Il Signore di Notte” è un romanzo giallo e storico insieme, un racconto di fantasia, ma con personaggi realmente vissuti all’epoca, tra la primavera e l’estate del 1605. Frammenti di storia sono mischiati alla trama che le opinioni dei primi lettori danno per avvincente. Otto anni meno un mese di lavoro, la più parte speso in lettura e documentazione prima ancora che scrivere e correggere.
Non sono capace di descrivere la soddisfazione che provo nel vedere il libro pubblicato su Amazon, Kobo e Youcanrint.”
Vi lasciamo con un estratto che, sicuramente, vi farà capire l’orgoglio e la passione che prendono vita attraverso le parole di Gustavo Vitali.
“Venezia, 16 aprile 1605.
Viene rinvenuto nella sua modesta dimora il cadavere di un nobile caduto in miseria, primo delitto di un giallo fitto fitto che ha come sfondo la Venezia alle soglie del Barocco.
Sul luogo si precipita il protagonista del racconto, Francesco Barbarigo. Come “Il Signore di Notte”, dà il titolo al racconto e richiama espressamente la magistratura incaricata dell’ordine pubblico, sei giudici e insieme capi della polizia. Si tratta di una persona realmente vissuta ai tempi così come i principali personaggi della storia che, al contrario, è di pura invenzione. Questo particolare ha comportato un copioso lavoro di ricerca come documentato nella bibliografia del libro.
È solo il primo dei delitti che affiorano in una trama intensa ed intrigante. Sono coinvolte le figure più varie, da quelle di primo piano, a quelle defilate nei contorni. L’autore apre così un’ampia carrellata su aristocratici ricconi e quelli che vivacchiano malamente, mercanti, usurai, bari, prostitute e altri. Nella vicenda tutti recitano i rispettivi ruoli e la contestualizzano in quella società veneziana che si era appena lasciata alle spalle un secolo di splendore per infilarsi in un lento declino. Compaiono anche personaggi sgradevoli, come i “bravi”, perché il tempo del declino è anche il loro, accomunati agli sgherri da una violenza sordida e sopraffattrice.
Sempre nell’ottica di addentrare il libro nella sua epoca, ecco l’aggiunta di brevi divagazioni su curiosità, usi e costumi, aneddoti, fatti e fatterelli. Costituiscono un bagaglio di informazioni sulla storia della Serenissima, senza interrompere la narrazione e senza che gli attori si defilino da questa.
Un discorso a parte merita la figura del protagonista. Se qualcuno spera nello stereotipo dell’eroe positivo, resterà deluso. Il Barbarigo è un uomo contorto che affronta le indagini con una superficialità pari solo alla sua spocchia. Vorrebbe passare come chi sa il fatto suo, spargere sicurezza, ma nel suo intimo covano ansie e antichi dolori. Non sa come cavarsi dagli impicci, cambia idea e umore da un momento all’altro, insegue ipotesi stravaganti e indaga su persone del tutto estranee al delitto. Il linguaggio è spiccio, crudo, spesso beffardo e dissacratorio, mette in ridicolo difetti e difettucci del protagonista e insieme quelli della società del tempo.
Sull’onda dell’improvvisazione e di una acclarata incapacità non si fa mancare nulla, nemmeno una relazione disinvolta, o quella che lui vorrebbe tale, con una dama tanto bella, quanto indecifrabile. Non capisce nulla neppure di questo strambo amore che gli causa presto nuovi turbamenti.
Cosicché nelle indagini, come pure nel letto, finisce con il collezionare una serie di disfatte clamorose fino a quando in suo aiuto accorre un capitano delle guardie che ha tutta l’esperienza e l’astuzia che mancano al magistrato. Tuttavia i due dovranno faticare ancora un bel pezzo per scrivere la parola fine a tutto il giallo che nel frattempo si è infittito di colpi di scena, agguati e delitti, compresi quelli che riemergono dal passato. Il finale sarà inaspettato e sorprendente.”