La satira è un’antica forma di comunicazione la cui origine si può far risalire agli antichi greci, ma che vide uno sviluppo concreto con la letteratura latina. Allora come oggi, lo scopo della satira è quello di fomentare la polemica intorno ad un obiettivo mirato. Può essere usata inoltre per la creazione di un dialogo costruttivo intorno a quello che può essere considerato il problema alla base. Sebbene lo scopo sia solo schernire un soggetto o un qualcosa di generico, se chi partecipa al dialogo riesce ad estraniarsi dalle emozioni che potenzialmente possono venir suscitate, allora si può usare la satira come spunto per migliorare proprio la situazione sulla quale si sta polemizzando.
Il mondo è complesso e la disgrazia di qualcuno sarà sempre un possibile guadagno per altri. Guardiamo a Charlie Hebdo, un giornale che ha basato la sua interna esistenza sulla satira. Per la rivista, uno scandalo, la sconfitta di qualcosa, una tragedia è la sua “fortuna” in termini di notorietà e visibilità. L’indignazione che creano con le loro vignette in redazione – perché, ammettiamolo, alla fine il pubblico si ferma alla copertina – diventa un guadagno enorme in pubblicità.
Io, come molti la fuori, siamo venuti a conoscenza di tale giornale solo dopo l’attentato subito alla sua redazione e poi, successivamente, grazie alle vignette fatte sulle tragedie subite dai nostri connazionali. Il terremoto del 2016, la tragedia di Rigopiano e, adesso, il ponte di Genova. Queste tre tragedie avevano veramente lo scopo di creare una polemica costruttiva o erano solo dei modi per attirare l’attenzione su di sé?
A bene vedere, probabilmente i primi due accadimenti elencati hanno scaturito questi effetti e queste reazioni. Purtroppo, sappiamo molto bene come spesso si reagisce nel nostro Paese e non è un mistero. E, talvolta, come opera la negligenza. Quell’albergo non doveva trovarsi in quel posto e gli edifici non erano antisismici. Ma la vignetta del ponte? All’inizio, circolava un fake con un messaggio palese: l’avarizia sarebbe la causa di quanto è successo. Solo in seguito, si è scoperto che la vera vignetta era un’altra e raffigurava qualcosa di ancora più riprovevole. Ma – e la riflessione è d’obbligo – se nascondesse comunque un messaggio?
I morti del crollo hanno catalizzato l’attenzione per qualche giorno ma, adesso, l’attenzione, e almeno per chi non è stato colpito direttamente dalla tragedia, sembra essere rivolta al problema degli immigranti e della nave Diciotti. Il loro affondo finale vuole essere rivolto a quello? Al fatto che adesso siamo tornati troppo ossessionati dall’immigrazione che ci siamo appena dimenticati di quello che è appena successo?
La libertà di espressione permette, purtroppo, questo e ben altro. Prima di inneggiare teorie complottiste, vorrei sottolineare che circolavano vignette anche per la strage di Nizza, per esempio. Il punto, come ho detto all’inizio, è non farci guidare dalla pancia, dalle emozioni, bensì bisogna ragionare su cosa fare dopo. Certe immagini fanno male, è appurato. Soprattutto se molti sono abituati alle vignette del Corriere della Sera, più tranquille e meno offensive. Ma l’indignazione non deve essere una palude in cui tutti noi andiamo a impantanarci e dove necessariamente diamo il peggio di noi.