scimmie
Foto di Syed Ahmad su Unsplash

Nel 1999, Daniel Simons e Christopher Chabris dell’Università di Harvard hanno creato un esperimento iconico per dimostrare un fenomeno noto come “cecità da disattenzione”. Chiedevano ai partecipanti di contare i passaggi in un video in cui, inaspettatamente, una persona vestita da gorilla attraversava la scena.

Sorprendentemente, circa la metà dei partecipanti non si accorse del gorilla, evidenziando come la concentrazione su un compito specifico possa bloccare la percezione di eventi rilevanti ma inattesi.

La Svolta Dopo 25 Anni

Oggi, un nuovo studio condotto da Ian Phillips della Johns Hopkins University mette in discussione alcune delle conclusioni originali. Attraverso cinque esperimenti con più di 25.000 partecipanti, Phillips ha dimostrato che gli stimoli inattesi, anche se non consapevolmente notati, possono essere parzialmente elaborati dal cervello.

Gli Esperimenti Recenti

In uno degli studi, ai partecipanti veniva chiesto di confrontare la lunghezza dei bracci di una croce lampeggiante sullo schermo. Al quarto tentativo, è apparsa una linea rossa inattesa.

  • Solo il 71% ha notato la linea rossa consapevolmente.
  • Tuttavia, l’87% ha indicato correttamente la sua posizione.
  • Persino tra chi negava di averla vista, il 64% ha risposto correttamente.

Questi dati suggeriscono che gli oggetti inosservati possono comunque essere elaborati a un livello inconscio.

Il Bias di Segnalazione

Phillips sostiene che molte persone potrebbero esitare a riferire ciò che percepiscono inconsciamente, soprattutto se non sono sicure. In alcuni casi, con una formazione adeguata, queste capacità latenti possono essere potenziate, migliorando la rilevazione di dettagli cruciali in situazioni critiche.

Un Nuovo Approccio all’Attenzione

Il nuovo studio non confuta la cecità da disattenzione, ma la amplia: mentre l’attenzione focalizzata consuma la maggior parte delle risorse cognitive, il cervello mantiene una vaga consapevolezza degli eventi inattesi.

Queste scoperte non solo affinano la nostra comprensione del funzionamento dell’attenzione, ma potrebbero aprire la strada a nuovi metodi di formazione e apprendimento in ambiti come la sicurezza, l’educazione e la scienza cognitiva.