Uno dei dipinti più iconici di Vincent van Gogh, Iris, potrebbe non essere come il celebre artista l’aveva immaginato. Sebbene oggi i fiori del dipinto appaiano di un blu brillante, le analisi scientifiche hanno rivelato che erano originariamente viola.
Il 9 maggio 1889, van Gogh scrisse dal manicomio di Saint-Rémy-de-Provence a suo fratello Theo, menzionando due opere in lavorazione, una delle quali raffigurava “gigli viola“. Questo dettaglio, insieme a descrizioni dell’epoca, come quella del critico Félix Fénéon che parlava di “macchie viola” nei fiori, conferma che i gigli non erano blu.
Il cambiamento cromatico è dovuto al pigmento utilizzato da van Gogh. Gli studiosi del Getty Museum hanno esaminato il dipinto con tecniche avanzate come la spettroscopia di fluorescenza a raggi X, scoprendo tracce di lacca di geranio, un pigmento rosso comunemente usato da van Gogh per creare tonalità viola mescolandolo con il blu. Tuttavia, questo pigmento è estremamente sensibile alla luce e si degrada nel tempo.
Come spiega Devi Ormond, conservatrice del Getty Museum, il rosso si è sbiadito nel corso degli anni, lasciando dietro di sé solo il blu. Questo fenomeno dimostra come i dipinti siano soggetti ai cambiamenti del tempo, alterando la percezione delle opere d’arte per le generazioni future.
Il Getty Museum ha organizzato una mostra per raccontare questa trasformazione, offrendo una nuova prospettiva sull’opera. Catherine Patterson, chimica del Getty Conservation Institute, sottolinea come questa ricerca permetta di comprendere meglio le intenzioni originali dell’artista.
Il dipinto non è solo un’opera d’arte, ma un testamento del passare del tempo e del dialogo tra arte e scienza. Attraverso la ricerca, possiamo ora immaginare i gigli di van Gogh come erano stati concepiti: intensamente viola, testimoni della sua abilità di colorista e del suo legame profondo con la natura.