Un recente studio ha dimostrato che un antidepressivo comunemente utilizzato, la vortioxetina, potrebbe rappresentare una svolta significativa nel trattamento del glioblastoma, un tumore cerebrale attualmente considerato incurabile. Il glioblastoma è uno dei tumori più aggressivi e difficili da trattare, poiché la maggior parte dei farmaci antitumorali non riesce a oltrepassare la barriera ematoencefalica, una sorta di scudo naturale del cervello contro sostanze tossiche.
Pubblicato su Nature Medicine, lo studio ha impiegato una piattaforma di screening farmacologico per testare l’efficacia di 130 diversi agenti neuroattivi, tra cui antidepressivi, farmaci per il morbo di Parkinson e antipsicotici, su tessuti tumorali prelevati da pazienti sottoposti a interventi chirurgici. Tra questi, la vortioxetina si è distinta per la sua capacità di combattere efficacemente le cellule tumorali del glioblastoma.
I risultati preliminari, ottenuti due giorni dopo l’applicazione dei farmaci sulle cellule tumorali in laboratorio, sono stati poi confermati da test su modelli animali. In particolare, la vortioxetina ha mostrato risultati promettenti quando utilizzata in combinazione con il trattamento standard del tumore. Il meccanismo alla base di questo antidepressivo sembra essere legato alla sua capacità di innescare rapidamente una cascata di segnali nelle cellule neurali, che non solo ha un effetto positivo sul sistema nervoso, ma sopprime anche la divisione delle cellule tumorali.
Uno dei vantaggi principali della vortioxetina è che si tratta di un farmaco già approvato per l’uso clinico, il che significa che non sarà necessario sottoporlo a lunghe fasi di approvazione. Come sottolinea Michael Weller, coautore dello studio, la vortioxetina è sicura, economica e potrebbe essere integrata rapidamente nelle terapie standard contro il glioblastoma.
Anche se sono ancora necessari studi clinici sull’uomo per determinare l’efficacia e il dosaggio ottimale, questa scoperta apre nuove prospettive per il trattamento del glioblastoma, offrendo un potenziale nuovo strumento per combattere uno dei tumori cerebrali più letali.