I disturbi del comportamento alimentare (DCA), noti anche come disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA), costituiscono un insieme diversificato di malattie classificate tra i disturbi psichiatrici. Queste condizioni, influenzate da molteplici fattori, generano un profondo disagio e malessere psicologico.
Essi si manifestano attraverso comportamenti patologici relativi all’alimentazione, al controllo del peso e della forma corporea. Rappresentano vere e proprie patologie, dalle quali è possibile e necessario guarire. Il dolore e la sofferenza provati dalle persone affette da DCA richiedono comprensione, ascolto e sostegno.
Oggi vi raccontiamo la storia di Lucia Torcicollo, che da molti anni combatte contro l’anoressia nervosa.
“Oggi desidero condividere la mia esperienza di rinascita. Sono fermamente convinta che il dialogo giochi un ruolo fondamentale nel processo di guarigione dai DCA, e sono qui per offrire il mio sostegno incondizionato a chiunque voglia confrontarsi. Attualmente sono seguita da professionisti eccellenti, che non solo curano ma anche ascoltano. Grazie alla loro competenza e alla mia determinazione, dopo molte battaglie vinte, sto finalmente prevalendo nella lotta contro l’anoressia.“
I disturbi del comportamento alimentare si manifestano attraverso sintomi specifici per ciascuna patologia. Ecco i principali sintomi associati a ciascun disturbo:
1. Anoressia nervosa:
– Dimagramento progressivo e rifiuto di mantenere un peso adeguato all’età.
– Patologica relazione con il proprio corpo e disturbo dell’immagine corporea, caratterizzato da un’alterata percezione delle proprie forme fisiche.
2. Bulimia nervosa:
– Abbuffate ricorrenti con perdita del controllo durante l’episodio alimentare.
– Comportamenti di compensazione, come il vomito autoindotto o l’uso eccessivo di lassativi o diuretici.
– Disturbo dell’immagine corporea, con insoddisfazione per il proprio corpo e alterata percezione delle proprie forme fisiche.
3. Binge eating disorder:
– Abbuffate ricorrenti accompagnate da una sensazione di perdita di controllo durante l’episodio alimentare.
– Assenza di comportamenti di eliminazione, come il vomito o l’uso di lassativi.
– Sensazioni fisiche di gonfiore addominale e dolore allo stomaco dopo l’abbuffata.
– Sentimenti di vergogna, colpa e disgusto verso se stessi dopo l’episodio alimentare.
Questi sintomi possono causare notevole disagio emotivo e influenzare significativamente la qualità della vita delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare. È importante riconoscere i segni precoci di questi disturbi e cercare aiuto professionale tempestivamente.
Così ci scrive Lucia
“Dovremmo imparare dalla primavera il rispetto dei tempi. La sua capacità di non forzare, di non mettere fretta. Quel suo silenzioso rimanere in attesa che ognuno fiorisca a modo suo.
Ecco, fiorire, o per meglio dire rifiorire.
Tempo è di rifiorire diceva d’Annunzio; è per questo che sono qui. Per parlare della mia vera rinascita, dell’uscita da quel tunnel chiamato anoressia, da pochi conosciuto e da troppi sottovalutato.
Non avrei mai immaginato di ritrovarmi qui a raccontare la mia storia; sono sempre stata una persona riservata, forse troppo. Ma la malattia mi ha cambiata. Ecco, la malattia mi ha salvato letteralmente la vita.
Ho sofferto di depressione per tanti anni, depressione dovuta ad insoddisfazione sul piano personale, professionale e sociale.
L’ho urlato dentro tante volte. Ma il silenzio era così assordante da essere sottostimato perché troppo rumoroso.
La depressione mi ha portata a volermi rendere visibile al mondo intero.
E così, ho scelto il conto, ma alla rovescia. Ho iniziato a contare le calorie, il peso, gli ingredienti e tutto ciò che rientrava nella mia comfort zone.
Ho subito decine di ricoveri in tutta la penisola, ricoveri che purtroppo non hanno mai avuto l’effetto desiderato.
Ho raccontato la mia storia a centinaia di professionisti, che non hanno mai saputo capire fino in fondo il peso che portavo sulle mie spalle.
Ho pianto, ho sofferto, mi sono disperata, ho pensato di mollare, andavo a dormire con la speranza di non risvegliarmi più.
E poi ecco che qualcosa è cambiato. La mia rinascita è iniziata con il trasferimento a Roma, la mia terra amata, e l’abbandono definitivo della pianura padana, con la sua nebbia e la sua infinita tristezza.
A Roma ho fatto terra bruciata di tutti i professionisti della città. A Roma ho vissuto attaccata a quella macchinetta che mi teneva in vita e che nello stesso tempo mi stava uccidendo. A Roma ho trovato la salvezza in mia madre, la donna più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. La donna che ha creduto in me dal principio, che mi faceva sorridere anche quando volevo soltanto chiudere gli occhi e non pensare alla fame che mi divorava, che mi ha tenuta quasi morente tra le sue braccia trasformandosi nella mia infermiera personale quando ho deciso di abbandonare il Gemelli e tornare a casa ancora attaccata al sondino nasogastrico.
Poi un nuovo ricovero, un nuovo vortice senza via d’uscita, una nuova psicologa interessata a parlare solo della mia iperattività e mai di come stessi veramente.
Nuove abbuffate con nuovi piani alimentari a rischio vita perché il mio stomaco era troppo piccolo per accoglierli.
E poi finalmente, come pollicino, seguendo i sassolini tracciati sulla mia strada da qualsivoglia divinità a me sconosciuta, ho scelto la vita.
L’ho scelta perché stavano man mano venendo meno tutti i problemi che mi hanno portata alla depressione: sono stata trasferita a Roma con il lavoro, ho abbandonato quel vecchio compagno inerme davanti ai cui occhi ho rischiato di morire, ho scelto di prendere in mano le redini della mia vita e ripartire da zero.
Lei, la mia mamma, era sempre lì, ad assistermi e supportarmi con tutta la fiducia possibile.
Lei, la mia mamma, ha contattato tutti i professionisti di Roma per farmi seguire.
Lei, la mia mamma, ha abbandonato tutta la sua vita in Calabria per venire da me.
Ed è così che una sera non ho pensato più di andare a dormire senza volermi svegliare, ma ho pensato di voler vivere una nuova giornata, con l’entusiasmo di Alice che incontra il coniglio con l’orologio in mano.
Quell’orologio che si è fermato per troppo tempo e che ha ricominciato a fluire quando ho capito che la vita mi stava passando accanto ed io non me ne accorgevo neanche.
Ho vinto l’interpello all’INPS dove attualmente svolgo l’incarico di funzionario preposto al contenzioso in materia di invalidità civile, nonostante il mio cervello si fosse pian piano rimpicciolito.
Sono tornata a vivere a Roma, nella mia casa, quella dei tempi spensierati dell’università, della vita mondana, delle ore piccole.
Ho trovato finalmente la psicoterapeuta che mi ha aiutata a rifiorire, ho intrapreso un cammino nuovo con una nutrizionista brillante e uno psichiatra adorabile.
Ho fatto nuove conoscenze, nuovi amici, nuovi colleghi, nuovi amori.
Ho riscoperto le emozioni, le sensazioni, le delusioni, i successi.
Ho ricominciato a vivere, perché (come diceva qualcuno) potranno recidere i fiori, ma non potranno mai fermare la primavera.
E poi si sa, le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.”
Come dice Lucia, è primavera. E decidiamo di fiorire.