
L’Alzheimer è tra le malattie più comuni in tarda età, una patologia la cui origine non esattamente certa. Nonostante decenni di sforzi di cercare di trovare alcune risposte, i fallimenti sono tantissimi. Se da un lato si parla di placche nel cervello, finora concentrarsi su di essa non ha ottenuto risultati ottimali, come ha appena dimostrato il fallimento di un importante farmaco che si stava rivelando promettendo.
Lo scopo del farmaco contro l’Alzheimer era proprio attaccare le placche in questione con la speranza di rallentare la perdita di facoltà cognitive. Il farmaco ha mezzo fallito. Da un lato il gantenerumab ha effettivamente ridotto la presenza dei grumi beta-amiloidi, ma la perdita della facoltà è rimasta in linea con i dati raccolti in gruppi di persone che non avevano ricevuto il trattamento. Le implicazioni sono tante.
Alzheimer: la teoria è sbagliata?
Le parole dei ricercatori: “Tra le persone con malattia di Alzheimer in fase iniziale, l’uso di gantenerumab ha portato a un carico di placche amiloide inferiore rispetto al placebo a 116 settimane, ma non è stato associato a un declino clinico più lento. A seconda del punto di vista, i risultati degli studi sugli anticorpi fino ad oggi rafforzano la fiducia in questo approccio terapeutico e nella sua significatività clinica o supportano l’idea che gli effetti sono piccoli, inaffidabili e appena distinguibili da nessun effetto.”
I dubbi sulle placche sta aumentando soprattutto alla luce del fatto che in molti studi, i dati in merito sono stati quasi messi da parte proprio per via di un’inconcludenza generale. Essendo una malattia comune, con una popolazione mondiale sempre più vecchia, perlomeno nel mondo occidentale, i soldi in ballo sono molti e si cercando risultati anche dove non ci sono.