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L’ara scarlatta è la specie di pappagallo con maggiore longevità. Foto di kandhal keshvala da Pixabay

Secondo una nuova ricerca, condotta da un team di scienziati del Max Planck, sembrerebbe che due delle maggiori caratteristiche distintive dei pappagalli, ovvero longevità e straordinarie capacità cognitive, siano in qualche modo collegate tra loro.

 

Un cervello più grande per una vita più lunga

I ricercatori hanno esaminato ben 127 specie di pappagalli scoprendo che i più longevi sono l’ara scarlatta e il cacatua dalla cresta di zolfo. Queste due specie di uccelli infatti possono vivere fino a 30 anni, un’età che di solito raggiungono solo i grandi uccelli e che è quindi considerevole per queste due specie di pappagalli.

Secondo i ricercatori una possibile causa della longevità di questi pappagalli è la dimensione relativamente grande del loro cervello. Lo studio suggerisce infatti che la maggiore capacità cognitiva di questi uccelli potrebbe essere proprio ciò che consente loro di vivere così a lungo.

Si tratta di uno studio unico nel suo genere, in quanto fino ad ora non era mai stata messa in relazione la dimensione del cervello con la durata della vita di un uccello. Sappiamo infatti che questi uccelli vivono molto a lungo e che le loro dimensioni relative del cervello sono paragonabili a quelle dei primati, ma non sappiamo se le due cose siano collegate.

 

Un campione di studio enorme per indagare sulla longevità dei pappagalli

Come spiega Simeon Smeele, autore principale dello studio e dottorando presso il Max Planck Institute of Animal Behaviour (MPI-AB), nel condurre questa ricerca “il problema è stato acquisire dati di buona qualità”. Per comprendere cosa determini la longevità dei pappagalli, bisogna infatti confrontare tra loro pappagalli in vita e “gli studi comparativi sulla storia della vita richiedono campioni di grandi dimensioni per dare certezze”, questo perché possono esserci un’infinità di variabili.

Per avere un campione osservativo di dimensione adeguata, i ricercatori del team dell’MPI-AB e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology (MPI-EvA) hanno collaborato con Species360, una ONG senza scopo di lucro con una rete di oltre 1.200 membri tra acquari, zoo, università, ricercatori e governi, sparsi in 99 paesi nei sei continenti. Grazie alla collaborazione con Species360, i ricercatori hanno potuto avere accesso ai registri degli animali da diversi zoo e acquari.

I ricercatori hanno potuto così acquisire i dati relativi a 130.000 pappagalli provenienti da oltre 1.000 zoo diversi. Con un così grande numero di dati, i ricercatori hanno creato un database in grado di fornire le prime stime affidabili della durata media della vita di 217 specie di pappagalli, ovvero di oltre la metà di tutte le specie conosciute di questi uccelli.

Dalle prime stime del database è emerso che la durata media della vita dei pappagalli è davvero molto varia. Si va infatti dai due anni di media del pappagallo dei fichi, ai 25 anni del cacatua dalla cresta di zolfo o ai 30 dell’ara scarlatta.

 

L’analisi comparativa per stabilire quale fosse la “causa” della maggiore longevità

Una volta individuate le età medie delle diverse specie di pappagalli, i ricercatori hanno eseguito un’analisi comparativa per capire se la longevità degli uccelli fosse in qualche modo correlata alle loro abilità cognitive. Per eseguire quest’analisi sono state prese in considerazione due diversi ipotesi.

La prima ipotesi sosteneva che un cervello relativamente più grande consentiva agli uccelli una maggiore longevità, grazie alla loro maggiore intelligenza. Gli uccelli con capacità cognitive più sviluppate potrebbero infatti risolvere nel migliore dei modi i problemi e le sfide della natura, permettendogli di vivere più a lungo. La seconda ipotesi invece prevedeva che i cervelli relativamente più grandi impiegassero più tempo a crescere e quindi richiedessero una durata della vita più lunga.

Per cercare di capire quale delle due ipotesi fosse quella corretta, il team di ricerca ha raccolto dati sulla dimensione relativa del cervello, sul peso corporeo medio e su altre variabili dello sviluppo delle specie di pappagalli oggetto dello studio.

I dati sono stati poi combinati e inseriti in modelli che rappresentassero ciascuna delle due ipotesi. I risultati di questa analisi hanno mostrato che la prima ipotesi è quella più accreditata. Poiché le dimensioni del cervello rispetto alle dimensioni del corpo possono essere un indicatore dell’intelligenza, i risultati suggeriscono che i pappagalli con cervelli relativamente grandi avevano capacità cognitive che consentivano loro di risolvere situazioni in natura che altrimenti avrebbero potuto ucciderli, e questa intelligenza ha permesso loro di avere una maggiore longevità.

 

Maggiori capacità cognitive potrebbero significare anche un maggiore apprendimento sociale

In futuro, il team intende esplorare se anche la socialità e l’apprendimento culturale nei pappagalli potrebbero aver contribuito a una maggiore longevità. Come afferma infatti Smeele, “gli uccelli con un cervello grande potrebbero dedicare più tempo all’apprendimento sociale di tecniche di foraggiamento che esistono da più generazioni. Questo maggiore periodo di apprendimento potrebbe potenzialmente spiegare una maggiore durata della vita, poiché richiede più tempo ma rende anche il repertorio di foraggiamento più adattivo.”