
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, in molti paesi, soprattutto gli Stati Uniti e l’ex URSS, hanno iniziato una vera e propria corsa agli armamenti nucleari. Questo ha condotto ad una numerosa serie di test che prevedevano l’esplosione di centinaia di testate nucleari in superficie. Secondo un recente studio, ora le conseguenze di quelle esplosioni nucleari sarebbero visibili nel miele.
Come il radiocesio si è sparso per il mondo dopo i test nucleari
Quando le bombe esplosero sul suolo incontaminato, espulsero notevoli quantità di materiale radioattivo, tra cui il radiocesio, la forma radioattiva del cesio. Questo elemento radioattivo si disperse nell’alta atmosfera, finendo per spingerlo in tutto il resto del mondo. Dall’atmosfera il radiocesio è finito poi col ricadere sul suolo in particelle microscopiche.
Dall’atmosfera questo elemento è precipitato al suolo attraverso le piogge. Per questo la sua ridistribuzione sul suolo è avvenuta in modo disomogeneo, seguendo i modelli climatici e di piovosità.
Una volta giunto nel suolo, essendo idrosolubile, il cesio radioattivo è stato assorbito assieme all’acqua, come gli altri nutrienti, dalle piante. E le piante lo assorbono volentieri, scambiandolo per uno dei nutrienti più importanti per la loro crescita, il potassio.
James Kaste, un geologo del College of William & Mary a Williamsburg, si è dunque domandato se ancora oggi, dopo qualche decennio dagli esperimenti degli anni ’50 sino agli anni ’80, le piante continuino ad assorbire questo elemento radioattivo contaminante.
L’esperimento con alimenti da tutti gli Stati Uniti: il miele presenta ancora tracce radioattive
Per farlo Kaste si è servito dell’aiuto dei suoi studenti, affidando loro un compito davvero particolare. Kaste ha infatti chiesto a tutti i suoi studenti di portare in ateneo, al rientro delle vacanze primaverili, dei cibi provenienti dai luoghi che avevano visitato durante il periodo di pausa.
Ed è così che è iniziata la ricerca di Kaste sul miele. Al rientro dalle vacanze di primavera infatti, un suo studente è tornato con del miele che conteneva quantità di cesio radioattivo di 100 volte maggiori rispetto agli alimenti portati dai suoi compagni.
Dopo questa sconcertante scoperta, Kaste ha iniziato a chiedersi se il miele fosse contaminato non solo a Raleigh, in North Carolina, da dove proveniva il campione dello studente, ma anche nel resto degli Stati Uniti. Kaste infatti si è chiesto se le api non fossero in grado di concentrare il radiocesio raccolto assieme al nettare e ai pollini delle piante, mentre producevano il miele.
Lo studio sul miele mostra che la situazione peggiore è in Florida
Kaste ha dunque deciso di iniziare una ricerca approfondita sul miele radioattivo e assieme ai suoi colleghi e ad uno studente, ha iniziato a raccogliere campioni di miele provenienti da tutti gli USA. In totale sono stati raccolti 122 campioni di miele.
Si trattava di campioni di miele grezzo prodotto artigianalmente che sono stati testati per il radiocesio. Dai risultati delle analisi è emerso che ben 68 campioni su 122, quindi oltre la metà, contenevano radiocesio a livelli superiori a 0,03 becquerel per chilogrammo, ovvero circa 870.000 atomi di radiocesio per cucchiaio (il becquerel è l’unità di misura dell’attività di un radionuclide, ovvero quella che spesso è chiamata erroneamente radioattività). I livelli più alti di radioattività sono apparsi in un campione proveniente dalla Florida, il quale conteneva radiocesio per 19,1 becquerel per chilogrammo.
Ora siamo al sicuro, ma in passato?
Questi studi dimostrano dunque che dopo decenni dai test nucleari e a migliaia di chilometri dai siti dove sono stati eseguiti, la ricaduta radioattiva degli esperimenti è ancora presente nel suolo, nelle piante e negli animali. Anche se la Food and Drug Administration statunitense, assicura che i livelli individuati nello studio sono molto al di sotto del limite consentito di radiocesio e sono quindi sicuri.
I livelli odierni comunque sono molto più bassi rispetto a quelli che si sarebbero registrati nei decenni passati. Secondo un analisi di Kaste sul decadimento del radiocesio negli alimenti, condotto analizzando le registrazioni effettuate nel corso dei decenni sul latte e su alcune piante, il miele in passato probabilmente ne conteneva una quantità maggiore.
Analizzandoi i set di dati negli archivi ha infatti scoperto che i livelli di radiocesio erano diminuiti drasticamente dagli anni ’60 e , come ipotizza lo stesso Kaste “erano probabilmente 10 volte più alti negli anni ’70. A causa del decadimento radioattivo, quello che stiamo misurando oggi è solo un soffio di ciò che c’era prima.”
Foto di Steve Buissinne da Pixabay