varianti-covid
Image by Wilfried Pohnke from Pixabay

Nonostante le difficoltà e le battute d’arresto incontrate finora, il mondo sta seguendo con attenzione la distribuzione dei vaccini COVID-19. Nel frattempo, esperti sanitari e importanti agenzie sanitarie continuano a indagare sulle mutazioni del coronavirus che, come molti sanno, hanno portato ad alcune varianti che hanno destato preoccupazione negli ultimi mesi.

Da dove hanno origine le varianti? Quanto dovremmo preoccuparci della loro presenza e diffusione? Potrebbero ostacolare i vasti sforzi di vaccinazione compiuti finora? Cerchiamo di fare chiarezza.

 

Come muta il coronavirus SARS-CoV-2?

Una variante è un virus geneticamente diverso dalla sua versione originale e, sebbene sembri allarmante, in realtà è una delle cose più normali tra i microrganismi. Le mutazioni, che danno origine a queste trasformazioni genetiche, non sono altro che errori. Questi derivano dai processi di replicazione che avvengono quando si infetta una cellula e, contrariamente a quanto può suggerire la parola “errore”, possono aiutarli a sopravvivere e mantenersi in condizioni avverse.

Gli errori di replica vengono continuamente visualizzati e scompaiono rapidamente, ma in alcuni casi persistono quando offrono qualche tipo di vantaggio. SARS-CoV-2 ha selezionato molti di questi “errori” per invadere più facilmente il suo potenziale ospite ed eludere gli anticorpi neutralizzanti prodotti dal suo sistema immunitario.

In poche parole, le varianti del coronavirus possono richiedere meno virus per ottenere l’infezione. Come se non bastasse, possono anche aggirare più facilmente le difese dell’organismo, aumentando le loro possibilità di infettare altre cellule. Grazie ai servizi di sequenziamento genetico in diversi Paesi, è possibile rilevarli relativamente presto

Questo processo avviene in modo naturale e impercettibile. Ma può darsi che anche l’uso di trattamenti come il plasma convalescente o gli anticorpi monoclonali possa promuoverne il progresso. In effetti, le dinamiche sono paragonabili allo sviluppo della resistenza agli antibiotici da parte dei batteri.

 

Varianti di interesse e varianti di preoccupazione

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha diviso il problema in due diversi gruppi per affrontarlo in modo più pratico: varianti di preoccupazione (VOC) e variante di interesse (VOI). Le varianti di interesse vengono continuamente monitorate per il loro impatto sulla trasmissibilità e la possibile resistenza ai vaccini.

E, come ci si potrebbe aspettare, le varianti preoccupanti sono proprio quelle legate a nuove ondate di massicce infezioni in molti Paesi. Questo gruppo include la variante del coronavirus del Regno Unito, B.1.1.7; e il B.1.351, identificato per la prima volta in Sud Africa e il P.1, rilevato per la prima volta in Brasile.

Sebbene gli scienziati inizialmente abbiano detto più volte che le varianti non siano necessariamente più pericolose, hanno mantenuto le loro riserve fino a quando non sono state ottenute ulteriori informazioni. Ora le prove suggeriscono che le varianti preoccupanti del coronavirus sembrano essere più virulente.

Ciò significa che si trasmettono più facilmente e possono causare una malattia più grave di quella causata dal coronavirus che è stato inizialmente rilevato a Wuhan, in Cina. Le statistiche mostrano che le nuove ondate hanno portato a più ricoveri di giovani e un aumento dei decessi in tutte le fasce d’età. Nel caso di B.1.351, l’evidenza suggerisce che ha una maggiore capacità di eludere gli anticorpi neutralizzanti, il che ha sollevato preoccupazioni sull’efficacia dei vaccini.

 

Le tre varianti principali portano mutazioni proteiche di picco

Gli scienziati hanno identificato circa un milione di varianti di interesse e preoccupazione in tutto il mondo. Ma, se prendiamo come base gli effetti di quelli finora più diffusi, c’è la possibilità che le mutazioni continuino fino a formare una supervariante capace di respingere i vaccini approvati?

La proteina spike svolge essenzialmente due funzioni: aprire la porta della cellula ospite e, allo stesso tempo, essere il capro espiatorio per gli anticorpi da attaccare. Migliorare uno di loro mitigherà l’altro, ma lo scenario di una super variante sembra ancora improbabile.