
Per molti anni, i medici hanno esitato a diagnosticare il disturbo borderline di personalità (BPD) negli adolescenti, credendo che fosse una “condanna a morte” per la loro salute mentale. Tuttavia, un nuovo studio ora mostra il contrario. Carla Sharp, professoressa di psicologia presso il Laboratorio di psicopatologia dell’Università di Houston, è sempre stata in disaccordo con questa idea e con le conclusioni del suo studio pubblicate sul Journal of Abnormal Child Psychology, è stata in grado di confermare che aveva ragione.
Il disturbo borderline di personalità è caratterizzato da modelli di umore e comportamenti diversi, che spesso si traducono in azioni impulsive e problemi nelle relazioni sociali. Le persone con questo problema possono sperimentare episodi di rabbia, depressione e ansia che possono durare per poche ore o addirittura giorni.
“Come gli adulti, gli adolescenti non sono intrattabili“, spiega Sharp, che ribadisce l’importanza di identificare il disturbo nei giovani in modo che possa essere trattato.
L’autore dello studio afferma che una diagnosi precoce può aiutare a prevenire determinati comportamenti. “Rispetto ad altri disturbi mentali, la BPD è tra le principali cause di comportamento suicidario e autolesionismo nei giovani“, ha detto lo psicologo, che ricorda come circa il 10% dei pazienti con BPD rischia di morire di suicidio se non adeguatamente monitorati.
La ricerca di Sharp è il primo studio a dimostrare che la patologia negli adolescenti segue un simile decorso discendente dopo la dimissione dal trattamento ospedaliero precedentemente dimostrato per gli adulti. Le sue conclusioni sono arrivate dopo aver analizzato i dati raccolti da 500 pazienti adolescenti ospedalizzati.
I risultati hanno mostrato una significativa tendenza al ribasso nelle caratteristiche della BPD in tutti i punti e in entrambi i rapporti di genitori e adolescenti, che riflette la riduzione dei sintomi segnalati negli adulti con BPD. È interessante notare che gli adolescenti esaminati da Sharp non erano sottoposti a cure specialistiche e riuscivano comunque a stare meglio.
“Il nostro lavoro contribuisce al crescente consenso sul fatto che la discriminazione e la stigmatizzazione di BPD non è giustificata. Invece, un decorso clinico molto simile a quello degli adulti è visto come positivo, il che evidenzia i potenziali benefici terapeutici della diagnosi e del trattamento di pazienti adolescenti con il problema“, afferma Sharp.