La vita si adatta al coronavirus, alla pandemia di Covid-19 globale. Sia in senso positivo, sia in negativo. Un esempio abbastanza tragico? Quello che è successo a Singapore di recente. Un uomo, un criminale già condannato per reati di traffico di droga, ha ricevuto una condanna a morte tramite una videochiamata con la nota piattaforma di Zoom.
La lettura della sentenza in questo modo è stata obbligatoria spiega la corte suprema della città-stato asiatica. Nonostante la pesantezza del caso, c’era bisogno di mantenere in sicurezza dal contagio tutte le parti coinvolte. Non è il primo caso giudiziario che viene trattato in questo mondo, ma è il primo con una condanna del genere.
Condannato a morte in videochiamata
Le parole degli esperti di diritti dell’uomo: “L’assoluta finalità della frase e la realtà che condanne ingiuste si verificano in tutto il mondo in casi di condanna a morte, destano serie preoccupazioni sul perché Singapore si affretta a concludere questo caso tramite Zoom.”
Quelle del consulente per la pena di morte di Amnesty International, Chiara Sangiorgio: “Questo caso è un altro promemoria che Singapore continua a sfidare la legge e gli standard internazionali imponendo la pena di morte per traffico di droga e come punizione obbligatoria.”
Al mondo però non è il primo caso nel suo genere, ma si tratta del secondo. Già in Nigeria era successo lo stesso. Un uomo accusato di aver ucciso la madre e il datore di lavoro ha ricevuto la stessa condanna, seguita dalla stesse critiche verso un sistema del genere.