
L’azione umana può aver contribuito a trasformare il paesaggio verde del Sahara in arido deserto. Processo che si è svolto iniziando 10 mila anni fa. Questo suggerisce uno studio pubblicato lo scorso martedì e condotto dall‘archeologo David Wright, dell’Università Nazionale di Seul.
Questa ipotesi ne contraddice un’altra, e ben più nota, secondo la quale sono stati i cambiamenti dell’orbita terrestre e i cambiamenti della vegetazione le principali cause della desertificazione. “In Asia orientale ci sono teorie secondo le quali le popolazioni neolitiche sono cambiate così profondamente a causa di monsoni che sono riusciti a penetrare nell’entroterra”, ha spiegato Wright, notando che ci sono prove di cambiamenti climatici ed ecologici causate da azioni umane in Europa, America del Nord e Nuova Zelanda.
Per dimostrare la sua ipotesi, Wright ha trovato una sintonia tra l’aumento della pastorizia e la zona di sottobosco nel paesaggio, segnale di desertificazione da circa 8 mila anni, nelle regioni che circondano la valle del Nilo in Egitto. Dal momento che il paesaggio ha perso vegetazione, è aumentato l’effetto albedo – la quantità di luce riflessa dalla superficie terrestre -, è diminuita la precipitazione e, a sua volta, si è ridotta ulteriormente la vegetazione.
David Wright vuole continuare ad indagare se, sotto la superficie del deserto – ci sono tracce di laghi, vegetazione e attività umana. Ricordando che il 15 per cento della popolazione vive in zone desertiche, l’archeologo osserva che “le implicazioni del modo in cui gli esseri umani hanno cambiato gli ecosistemi hanno implicazioni dirette sulla sopravvivenza in ambienti aridi“.